Due anni fa lavorai un pomeriggio come sostituto in un doposcuola nel centro di Torino. Il tema del progetto era “la natura” e il gruppetto di sette bambini, giovani naturalisti, era particolarmente ansioso di uscire quel pomeriggio. Tra la notte e il primo mattino una debole nevicata aveva interessato la pianura torinese e un sottile velo era ancora resistito in alcune aree d’ombra tra le mura urbane; poca cosa per meteorologi e appassionati del settore, ma in grado di fare tutta la differenza del mondo per i più giovani che, appena giunti al parco, cominciarono a scivolare lungo il breve pendio e a incidere con forme e parole quel sorprendente foglio bianco. Li guardavo meravigliato, tornando con la mente a una ventina di anni prima quando ero io al loro posto, ma con fortune decisamente più ricche. Da sempre la neve affascina i bambini, che vedono il mondo intorno trasformarsi in un parco giochi temporaneo come se il “Signor Meteo”, protagonista di una vecchia canzone dello Zecchino d’oro, avesse deciso di trasformarlo per loro. Siamo arrivati a stupirci che in un mondo di bambini, “schiavi” di videogiochi e moderne tecnologie, esista ancora un qualcosa di naturale e un tempo estremamente comune, in grado di far staccar loro gli occhi dagli schermi. Perché la neve bagna, sporca e allora, come se il tempo meteorologico fosse la lampada di Aladino dei genitori più apprensivi, prende una strada diversa dai sogni dei bambini.
Nonostante un inverno nella norma dal punto di vista della neve, per quanto concentrata nelle poche settimane finali, gran parte dei climatologi concordano sul fatto che le pianure potrebbero essere presto totalmente private di nevicate con accumuli superiori ai 5 cm (quantitativo minimo per edificare un pupazzo di neve, secondo i nostri giovani addetti ai lavori), soprattutto a causa dell’ingerenza del mite Scirocco mangia-freddo. I dati di febbraio raccolti dalla fondazione Cima con il modello S3m confermavano il persistere di un deficit nevoso a livello nazionale (-45%), con picchi nella zona alpina (-53%) e in particolare nel bacino del Po (-61%). Lo sci si dovrà spostare più in alto di qualche centinaio di metri, altezza dei monti permettendo, e far fronte ad un fondo roccioso, poco adatto alla costruzione di piste se non tramite costosi e impattanti lavori.
Tempi duri attendono quindi le nuove generazioni, private da giovani della dama bianca che rendeva tutto più magico ma arricchite da ardue lotte per preservare se stessi e il proprio patrimonio materiale. Perché, come disse il geologo e climatologo statunitense Wollace Broecker: “il sistema climatico è una bestia furiosa e noi la stiamo stuzzicando”.
Erik Vair, docente di Scienze Naturali