VIVERE CON LA SINDROME DI EHLERS DANLOS
La testimonianza di una docente su come si vive con una malattia rara
«Lei signorina non doveva fare la fotografa, doveva far la contorsionista al circo»: ecco come è iniziata questa storia. Era il 2011, all’epoca facevo la fotografa di professione: durante un matrimonio, in modo del tutto inaspettato, mi si bloccarono le mani mentre cercavo di cambiare un obiettivo. Iniziai una trafila di visite ed esami e ben due medici (di due ospedali diversi) visitandomi mi dissero la frase che ho riportato precedentemente. Una frase che mi risuonó nei pensieri per tanti anni: iperlassità legamentosa con deformità dita a collo di cigno, questo fu il punto di partenza. Ci vollero 12 anni per arrivare alla diagnosi di Ehlers Danlos, anni lunghi e dolorosi anche psicologicamente. Sì, perché questa sindrome è una sindrome rara che ancora pochi medici conoscono. Ma cos’è più nello specifico la E.Danlos? è una condizione complessa, rara e multi-sistemica priva di cura, che provoca disabilità “invisibili” ma altamente impattanti sulla vita quotidiana di chi ne è colpito. Esistono diversi tipi di Ehlers-Danlos, ognuno con caratteristiche specifiche (il tipo classico, il tipo ipermobile, il tipo vascolare…i rami sono molteplici). I sintomi possono variare da persona a persona: pelle eccessivamente elastica, articolazioni ipermobili, cicatrici fragili, facile formazione di lividi e problemi cardiaci o vascolari nei tipi più gravi. Nel mio caso si parla di ipermobile, con sublussazioni varie su tutto il corpo oltre a problemi allo stomaco e al cuore.
Purtroppo il mio unico modo per tirare avanti è la terapia del dolore anche perché oltre alla Danlos soffro di una brutta endometriosi intestinale e di una deformazione chiamata Chiari (incontrata spesso da chi ha E.Danlos). Insegno fotografia al Des Ambrois di Oulx, un lavoro che amo ma spesso è difficile restare lucidi con le terapie in atto. Arrivare alla diagnosi è complesso, bisogna aver la fortuna di trovare il medico giusto che la conosca. Un dottore esperto che può esser un reumatologo, un genetista o anche un dermatologo o un ortopedico. Sono inserita da diversi anni in un gruppo whatsapp dove ci si aiuta e ci si ascolta: ho avuto modo così di conoscere Simona Molinaro e Luciana Franco.
Simona (38anni), ad esempio, è stata operata a 12 anni in quanto era presente il rischio che la colonna vertebrale schiacciasse gli organi interni. Per la diagnosi ci sono voluti oltre 20 anni tra sublussazioni e dolori si ogni genere; Luciana (58anni) invece, ormai costretta in sedia a rotelle, pochi giorni fa ha affrontato l’ennesimo intervento di angioplastica della mesenterica. L’ultimo intervento lo aveva subíto solo a gennaio.
La nostra malattia ad oggi non prevede indennità economiche: circa un mese fa siamo andate in Regione per chiedere maggiore considerazione per noi e per i nostri “caregivers”».
Ci è stato dato un appuntamento per la fine di settembre: vogliamo lottare per fare luce su una condizione rara, con un’incidenza però di 1 soggetto su 40mila e con dati diagnostici sottostimati, che impediscono di vedere riconosciuti i diritti di chi soffre di una malattia invalidante.
Roberta Vernaglia, docente di Fotografia