Treno della Memoria

Alta Val di Susa 10-18 febbraio 2017 , Praga e Cracovia

Sono partita un po’ perplessa per questo viaggio. In ogni incontro che facevamo ci spiegavano a cosa saremmo andati incontro e, ad essere sincera, avevo paura di non riuscire ad affrontare le diverse situazioni che mi sarebbero presentate davanti.

Sono partita con un gruppo composto da persone su cui avevo pregiudizi , ma con il passare del tempo , ho capito di aver sbagliato.

Abbiamo visitato città che non avrei mai pensato di visitare: Praga e Cracovia, due città che ho trovato davvero affascinanti.

Durante il nostro soggiorno a Praga ho avuto l’occasione di visitare Tèrezin: inizialmente una prigione, poi trasformata in un campo di transizione in quanto da qui le persone venivano portate nei campi di sterminio. Il campo di Tèrezin è particolare perché fu il luogo dove nel 1944 venne girato per la Croce Rossa Internazionale il documentario di propaganda nazista che voleva dimostrare con false ambientazioni gli ebrei venivano trattati bene.

Oltre a Tèrezin, abbiamo visitato Lidice, qui ho ascoltato un silenzio mai sentito prima.

Vi è un grandissimo parco dove c’è un monumento formato da tante statue di bambini di tutte le età. Ho avuto modo di stare da sola, mi sono immedesimata in una donna, abitante di quel paesino che tempo prima, per vendetta, era stato raso al suolo. Mi sono immedesimata in un bambino, che un tempo giocava a calcio con suoi amici o a nascondino, ma a cui poi è stata tolta la libertà di sorridere perché portato in un orfanotrofio in Germania per essere “rieducato”.

Non riuscivo a pensare a nulla di bello, ero seduta sulle rive del lago ghiacciato con lo sguardo fisso nel vuoto e non capivo come facessero le persone attorno a me a parlare dell’ultimo risultato della Juventus o di quanto fosse bella la ragazza che era appena passata.

Il giorno dopo siamo partiti per Cracovia, tappa principale del nostro viaggio.

Qui abbiamo avuto l’occasione di visitare il ghetto ebraico e la fabbrica di Schidler, abbiamo avuto modo di attraversare la piazza degli eroi del ghetto, dove venivano riuniti tutti gli ebrei per poi essere portati ai campi.

Il giorno seguente è stata una giornata molto importante, dedicata alla visita di Auschiwitz I e Birkenau.

Abbiamo iniziato la giornata con Auschwitz I diventato ormai un museo, ed è proprio qui che ho capito cosa voglia dire essere nati nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Entrare in quelle stanze, piene di ciocche di capelli ancora legate con un elastico rosa, piene di scarpe ammassate che sembravano tutte uguali ma che, se facevi più attenzione, ti portavano ad immaginare la storia di ciascuna persona a cui erano state tolte. Questo luogo mi ha fatto provare emozioni che ancora adesso non so descrivere. Ho visto fotografie di visi di bambini che non esprimevano alcun sentimento, con una lacrime che solcava il loro viso. Sono entrata nella camera a gas, ho sentito un gelo che mi è entrato fino alle ossa guardando i graffi che segnavano le pareti, ma io, a differenza di allora, ne sono uscita viva.

Durante la visita ci hanno chiesto di scegliere una persona tra tante fotografie presenti sui muri di una delle baracche, erano visi tutti uguali, uomini e donne senza alcuna espressione né colpa.

Ho scelto una ragazza, una delle poche che aveva ancora le treccine che le incorniciavano il viso, si chiamava Danuta ed era una giovane donna ebrea rimasta in quell’inferno per due mesi, morta il giorno dopo il suo diciottesimo compleanno.

Sono uscita da quel campo, senza dire alcuna parola, stringendo il foglietto con sopra scritto il suo nome.

Il pomeriggio abbiamo visitato Birkenau, era molto diverso da Auschwitz I, era immenso, non si riusciva a tracciarne i confini, era costruito alla perfezione, tutto uguale.

Abbiamo percorso i binari che un tempo portavano i deportati fino al campo. Ho provato ad immedesimarmi in Danuta durante lo smistamento che subivano appena scesi dal treno.

Ragazza ebrea, con le treccine e magari un barattolo di crema Nivea nel bagaglio ( proprio come quella esposta ad Auschwitz I ) con la consapevolezza di essere sola senza neanche il fratellino a cui badare.

La mia educatrice mi ha detto che in tutti gli anni in cui lei era andata ad Auschwitz nevicava, invece quel giorno il sole ha illuminato i nostri pensieri con un magnifico tramonto su Birkenau, tutto sembrava magico e, per quanto potesse esser brutto quel luogo, quel tramonto riusciva a scaldare i nostri cuori.

Il penultimo giorno tutti i gruppi si sono riuniti per la restituzione-

Non posso dimenticare un ragazzo in sedia rotelle che ha detto una cosa impossibile da dimenticare: “ Fermiamo questo odio, non si può continuare in questo modo, fermiamolo insieme, viviamo la vita in piedi “.

Aveva proprio ragione, viviamo la vita in piedi, proviamo a cambiare le cose, eliminiamo l’odio e l’indifferenza, proviamo a guardare tutto da un’altra prospettiva, tutti insieme possiamo farcela, usciamo da questa zona grigia smettendo di seguire la massa, dobbiamo difendere le nostre opinioni anche se vuol dire andare contro corrente, perché proprio questa è la strada giusta da percorrere, perché come direbbe qualcuno :”Difendiamo i nostri sogni realizzandoli”.

Prima di partire alcuni educatori mi hanno detto che il vero percorso sarebbe cominciato al ritorno ed avevano ragione, perché “il viaggio comincia adesso”.

Chiara Rinaldi 4BL